Intervista a Enrico Pieranunzi

Intervista Enrico Pieranunzi

  • Maestro, come nasce il progetto di Improclassica e cosa significa questo termine?
    Improclassica è una parola inventata che rappresenta la combinazione, l'incrocio tra l'improvvisazione e la musica classica. I materiali che suoneremo sono, appunto, temi famosissimi di celebri compositori: Bach, Satie, Debussy, Schumann. Su questi temi, improvvisiamo. Ho scelto, quindi, di inventare questo termine che dà in maniera rapida un'idea di quanto avverrà sul palco.
  • Lei ha definito Improclassica "un gioco al quale tutti gli spettatori e gli ascoltatori sono invitati a partecipare". In che modo?
    Si tratta di un gioco teatrale di trasformazione. Immagina qualcuno che canti, si cambi d'abito, poi appaia vestito da donna, successivamente da marinaio, e così via. Per quale motivo? Perché i temi musicali appaiono, in realtà, come dei personaggi. E, allora, c'è il tema noto, più o meno a tutti, che viene presentato in vesti ogni volta diverse all'interno dello stesso numero, della medesima performance. Certo, all'interno di tutto ciò si insinua un elemento di spettacolarità, un elemento di coinvolgimento del pubblico, il quale deve seguire questi travestimenti e "stravestimenti" del tema proposto all'inizio.
  • Fulcro di questo programma, come suggerisce il titolo del concerto, Improclassica, è l'improvvisazione. Claude Debussy aveva scritto, agli albori della musica jazz, che "la musica è dappertutto, meno che nella pagina scritta". Quale virtuoso dell'improvvisazione concorda con questa affermazione?
    Concordo nella misura in cui si debba tener conto della fonte. Debussy ha scritto molta musica, anche importante, bellissima e ispirata: sarebbe sufficiente citare i Preludi per pianoforte e La Mer. Si tratta, ovviamente, di una provocazione, pur colma di verità. Ancora oggi fatica a declinare l'idea che la musica "seria" sia quella scritta. Sappiamo tutti, in realtà, che al mondo "gira" molta musica, su tutte le piattaforme, che non è scritta, che magari è stata inventata improvvisando, oppure che contiene degli elementi di improvvisazione: perché l'improvvisazione ce l'hanno il jazz, il rock, il folk. Per cui è una provocazione intelligente a voler dire: è vero che la musica seria è quella che sta a volte - non tutta, fra l'altro! - nelle pagine scritte, tuttavia un gran numero di musica "seria" vive anche "fuori" dagli spartiti, risiede nelle mani dei musicisti che la realizzano, chitarristi, rock, batteristi, cantanti. Credo che sia una provocazione affascinante!
  • Lei è una persona di spicco del panorama jazz e, soprattutto, negli Stati Uniti ed è l'unico italiano che che ha suonato e registrato più volte al villaggio Concord di New York. Nella sua opinione, che cosa il jazz ha portato dagli Stati Uniti all'Europa e, viceversa, cosa il Vecchio Continente ha ceduto al Nuovo Mondo?
    È una questione sulla quale dovrebbero essere scritte montagne di libri e, infatti, migliaia di pagine hanno affrontato l'argomento. Ciononostante è una domanda che mi fa piacere che venga posta perché, normalmente, anche in questo caso, entrano in gioco dei cliché, dei luoghi comuni secondo i quali, appunto, il jazz è americano e l'Europa c'entra poco. Invece c'entra moltissimo. Per sintetizzare e semplificare, quello che il jazz ha regalato all'Europa è il ritmo, ovvero la riappropriazione del corpo del ritmo come elemento espressivo importante. Nella direzione opposta, tecnicamente, la musica europea ha regalato molta armonia. Non bisogna mai dimenticare che, per esempio, gospel e blues sono impregnati di armonia proveniente dall'Europa, di cadenzamenti che fanno parte della tradizione, soprattutto, centro europea e luterana, entrati attraverso la Chiesa. Un altro elemento che l'Europa ha, forse, ceduto in maniera rilevante è il senso della forma nella costruzione degli arrangiamenti.

  • Come è nato il trio con Luca Bulgarelli e Mauro Beggio?
    Il progetto si è formato in tempi diversi. Suono con Luca (Bulgarelli, ndr) da più di vent'anni: insieme abbiamo inciso il primo disco nel 2000. Per quanto riguarda Mauro (Beggio ndr.) la collaborazione era nata prima, in seguito sono sopravvenute altre collaborazioni. Il trio, con questa line-up, è stabile da parecchio tempo. Sono musicisti che possiedono tutte le qualità necessarie: sanno improvvisare, leggono bene la musica, hanno presenza e grande capacità di interplay: un elemento importante è, infatti, la capacità di relazione tra i musicisti. Luca e Mauro sono, quindi, perfetti per questo tipo di attività e di musica.
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